Racconti by Fëdor Dostoevskij

Racconti by Fëdor Dostoevskij

autore:Fëdor Dostoevskij [Dostoevskij,Fëdor]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-04-24T00:00:00+00:00


Una brutta storia1

Racconto

Questa brutta storia ebbe a verificarsi proprio all’epoca in cui aveva avuto inizio, con una forza tanto incontenibile e con un impeto così ingenuo e commovente, la rinascita della nostra amata patria, e le aspirazioni di tutti i suoi valorosi figli si volgevano verso nuovi destini e nuove speranze.2 Fu proprio allora che, una volta, d’inverno, in una sera gelida e chiara, d’altronde ormai già alle undici passate, tre uomini oltremodo rispettabili si ritrovarono seduti in una stanza confortevole e persino lussuosamente arredata di una magnifica casa a due piani della Peterburgskaja Storona, impegnati in una conversazione seria ed esemplare su di un tema assai interessante. Tutti e tre questi signori erano in possesso del grado di generale.3 Sedevano attorno a un tavolino, ciascuno su di una poltrona magnifica e soffice, e nel corso della conversazione sorseggiavano quieti e senza fretta dello champagne. La bottiglia se ne stava lì sul tavolino, in un recipiente d’argento col ghiaccio. Il fatto era che il padrone di casa, il consigliere segreto Stepan Nikiforovič Nikiforov, un vecchio scapolo sui sessantacinque anni, stava festeggiando il suo insediamento in quella casa appena acquistata e, visto che c’era, anche il suo compleanno, che cadeva quello stesso giorno e che mai fino a quel momento aveva festeggiato. D’altronde quel festeggiamento non era certo Dio sa cosa; come abbiamo già visto, c’erano solo due invitati, entrambi ex colleghi del signor Nikiforov e in precedenza suoi sottoposti, e precisamente: il consigliere di Stato effettivo Semën Ivanovič Šipulenko e Ivan Il’ič Pralinskij, anch’egli consigliere di Stato effettivo. Erano arrivati verso le nove, avevano preso il tè, poi erano passati al vino e sapevano che alle undici e mezza in punto avrebbero dovuto tornarsene a casa. Il padrone di casa per tutta la vita aveva amato la regolarità. Due parole a suo riguardo: aveva cominciato la carriera come un modesto impiegato privo di mezzi, aveva tirato avanti paziente per quarantacinque anni di fila, sapeva benissimo fino a che grado sarebbe arrivato, non sopportava l’idea di cercare di afferrare stelle in cielo,4 anche se già ne possedeva un paio, e in particolare non amava esprimere il proprio parere personale a proposito di qualsivoglia argomento. Era anche onesto, ovvero non gli era mai capitato di trovarsi nella condizione di fare qualcosa di particolarmente disonesto; era scapolo perché egoista; era tutt’altro che stupido, ma detestava mettere in mostra la propria intelligenza, in particolare non amava la negligenza e l’esaltazione, che considerava una sorta di negligenza morale, e sul finire della sua vita s’era del tutto sprofondato in una sorta di dolce e pigra comodità e in una sistematica solitudine. Sebbene a volte gli capitasse di andare in visita dalle persone di maggior rilievo, fin dalla giovinezza non aveva tollerato invitati a casa propria, e negli ultimi tempi, se non disponeva sul tavolo il grand patience,5 s’accontentava della compagnia dell’orologio da tavolo, e per intere serate imperturbabile prestava orecchio, sonnecchiando in poltrona, al suo ticchettio sotto alla campana di vetro, sul caminetto. D’aspetto era



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